LA TECNOLOGIA

Il Laboratorio Biotecnologie dell'ENEA svolge attività di ricerca mirate alla realizzazione di sistemi di coltivazione controllati, che impieghino le piante come preziosa fonte di cibo fresco, ma anche di molecole bioattive utili al supporto della vita in condizioni estreme, come quelle delle missioni spaziali di lunga durata. Obiettivo principale è quello di definire gli elementi tecnologico-scientifici per ottenere produzioni di alta qualità e in quantità definita, che possano essere opportunamente integrate in sistemi per la rigenerazione delle risorse.

Coltivare in assenza di suolo e di sole - I sistemi di coltivazione high-tech

In questa prospettiva sono stati progettati, sviluppati e messi a punto moduli di coltivazione per la crescita di piante in ambiente controllato, completamente svincolati dall’ambiente esterno. Questi sistemi “fuori-suolo” sono basati sulle più avanzate tecnologie idroponiche (come i sistemi “ebb and flow” e “nutrient film technique”) e aeroponiche.

La coltivazione ha luogo in camere di crescita confinate, attrezzate con sistemi computerizzati per la gestione e il controllo. Tali sistemi sono integrati con sensoristica di avanguardia che consente il monitoraggio, anche da remoto, non soltanto di tutti i parametri chimico-fisico-ambientali, ma anche delle condizioni di crescita delle piante. Temperatura, umidità relativa, composizione dell’atmosfera artificiale, radiazione “fotosinteticamente” attiva (PAR), composizione soluzione nutritiva sono così controllati e acquisiti su supporto informatico, fornendo in tempo reale indicazioni fondamentali sulle condizioni di coltivazione. La radiazione “fotosinteticamente” attiva (PAR) viene ottenuta mediante lampade LED formulate per generare spettri di emissione nelle lunghezze d’onda più consone alla specie in coltivazione.

Gli impianti di coltivazione sono inoltre dotati di sistemi di filtrazione e sterilizzazione di aria e soluzioni nutrienti per evitare contaminazioni delle colture che comprometterebbero la qualità di un prodotto che deve rispondere a standard rigorosi.

Nello sviluppo di sistemi di coltivazione controllata, abbiamo cominciato anche a valutare la formulazione di piccoli moduli indipendenti in grado di produrre alimenti freschi in monoporzioni, predisposte per una facile coltivazione e chiuse per garantirne la sterilità (aspetto importante nel confinato ambiente spaziale) fino al momento del consumo (Progetto MICROx2).

Mettere radici nello spazio - La scelta dei sistemi vegetali

Un altro aspetto centrale della nostra ricerca riguarda la scelta delle specie vegetali che meglio si adattano alle condizioni di coltivazione estreme dello spazio e che siano in grado di rispondere in modo ottimale alle esigenze di una produzione calibrata dal punto di vista nutrizionale. Abbiamo ottenuto ottimi risultati con le microverdure, cioè verdure di varie specie orticole (accuratamente selezione allo scopo), raccolte in fase molto precoce dello sviluppo della pianta (intorno ai 15-20 giorni dalla semina), che contengono, per unità di peso, una quantità di nutrienti, vitamine, sali minerali, principi attivi (come antiossidanti) molto più alta rispetto alle corrispondenti piante adulte.

Moduli di coltivazione appositamente studiati per le microverdure hanno permesso di ottenere cibo fresco (da 200g a 400g al giorno a seconda della specie) per integrare in modo bilanciato la dieta di 4-8 persone, sfruttando una superficie coltivata di soli 4 m2 (validazione effettuata durante l’analogo di missione su campo AMADEE-18, esperimento Hortextreme). Un’adeguata progettazione del sistema permette inoltre una produzione a ciclo continuo, indispensabile per garantire apporto alimentare costante agli equipaggi di missioni spaziali.

Il gruppo di ricerca dell’ENEA ha inoltre messo in campo la pluriennale competenza nel settore delle Biotecnologie molecolari, al fine di sviluppare un ‘ideotipo’, cioè un tipo vegetale con caratteristiche che meglio si adattano all’ambiente in cui è coltivato. A questo scopo è stata scelta come modello di partenza una varietà nana di pomodoro, chiamata MicroTom (creata originariamente a scopo ornamentale) [], quale candidato ottimale alla coltivazione in ambiente spaziale, in virtù delle sue dimensioni compatte e altezza ridotta a circa 15 cm e del breve ciclo di sviluppo (produzione di frutti in 3 mesi dalla semina). Per rendere questa varietà ulteriormente adatta alla coltivazione in orti spaziali è stato promosso l’accumulo di antocianine nei tessuti vegetali, regolando il sistema di sintesi di questi metaboliti attraverso interventi di ingegneria molecolare.

Le antocianine sono pigmenti viola naturali, noti per le loro spiccate proprietà anti-ossidanti, in grado cioè di contrastare lo stress ossidativo che si associa alla risposta a condizioni difficili, come quelle dello spazio. L’ipotesi di partenza è quindi quella di sviluppare una pianta più resistente quindi più adatta alla coltivazione in ambiente spaziale, ma al tempo stesso in grado di produrre un alimento fresco, la cui introduzione nella dieta potesse rafforzare la capacità degli stessi astronauti di far fronte agli stress fisiologici.

Oltre alle piante di MicroTom viola sono state ottenute anche colture di radici di pomodoro (hairy roots) che producono antocianine (Progetto BIOxTREME). Questo sistema rappresenta un solido sistema per la produzione di molecole bioattive (ad esempio integratori anti-ossidanti o anticorpi ricombinanti) che potrebbero essere quindi rese disponibili direttamente in loco e al bisogno di futuri colonizzatori dello spazio extraterrestre.

Nella prospettiva di lunghe missioni interplanetarie, i vantaggi legati alla coltivazione delle piante, non si limitano alla utilità come fonte di cibo o come componente essenziale in sistemi per il riciclo delle risorse. Infatti, le condizioni di confinamento forzato in piccoli ambienti, lontano da tutto ciò che è familiare, e l’esposizione prolungata a situazioni potenzialmente rischiose rappresentano una pesante sfida per la psiche degli astronauti. E’ scientificamente dimostrato come la cosiddetta “ortoterapia” sia efficace nel procurare beneficio psichico, proprio attraverso la cura delle piante. Inoltre, la presenza di verdura fresca nella dieta dell’equipaggio, normalmente composta da cibo conservato, rappresenta certamente uno stimolo percettivo ed emotivo positivo, che riduce la nostalgia per le abitudini alimentari di casa.

Ambienti ostili planetari - Lo stress della vita nello spazio

Coltivare lontano dalla “protezione” del campo magnetico terrestre non è certamente cosa facile. Infatti, mentre il suolo può essere sostituito da superfici organiche quasi equivalenti e il sole da luci LED, è stata perfettamente analizzata la capacità delle piante di crescere in gravità ridotta o assente, di resistere a tempeste di radiazioni ionizzanti, di rispondere a campi magnetici utilizzati per la schermatura stessa dei moduli spaziali. La conoscenza della risposta delle piante a questo tipo di stress è fondamentale prima dell’allestimento definitivo di orti spaziali in viaggi interplanetari.

A questo scopo, il nuovo ideotipo di MicroTom, sia come pianta a scopo alimentare che in forma di hairy roots, è stato sottoposto ad una serie di analisi per dimostrarne la validità come modello vegetale ideale per l’ambiente estremo dello spazio.

La risposta a condizioni che simulano stress da radiazioni ionizzanti (esposizione a raggi X, gamma, fasci di protoni), da campi magnetici statici (per simulare ambienti schermati da scudi magnetici a protezione dalle radiazioni spaziali) e microgravità (clinostati) è in studio da qualche anno (Progetti BIOxTREME e HORTSPACE). Per ottenere un quadro completo della capacità di adattamento del MicroTom viola allo spazio, sono state messe in atto una serie di indagini avanzate, a partire da studi molecolari sulla composizione dei pigmenti anti-ossidanti e sulla loro efficacia nel contrastare lo stress ossidativo (spettrofotometria, electron paramagnetic resonance) e sulle alterazioni a livello del proteoma, fino ad analisi di risposte morfologiche (misurazione di altezza della pianta, superficie fogliare, numero di foglie, fiori, frutti e semi, peso e dimensione dei frutti) e fluorimetriche (sensori ottici per la misurazione non distruttiva dell’autofluorescenza di foglie e frutti). Inoltre, l’eventuale danno da esposizione a condizioni estreme simulate viene analizzato sia sulle proteine che sul DNA.

Verde in Orbita - I sistemi biorigenerativi per il supporto alla vita nello spazio

La proposta di un sistema di coltivazione di piante per lo spazio non poteva però prescindere da una sua integrazione in sistemi biorigenerativi per il supporto alla vita (BLSS), indispensabili per il riciclo delle scarse e preziose risorse in un ambiente confinato come quello di veicoli spaziali o di avamposti planetari. A questo scopo l’ENEA ha ulteriormente sfruttato la sua interdisciplinarietà per proporre un sistema di recupero degli scarti organici (principalmente parti vegetali non edibili) tramite degradazione anaerobica (ad opera di consorzi microbici) e aerobica (ad opera di batteri e insetti) per produrre fertilizzanti ed ammendanti da riutilizzare in vari sistemi di coltivazione (Progetto REBUS).

“Ritorni” dalle missioni planetarie - Le ricadute tecnologiche per il pianeta terra

Al di là dell’evidente utilità delle tecnologie messe in campo per rispondere alla necessità di soluzioni per la sopravvivenza dell’uomo nelle future missioni planetarie a lungo termine, è opportuno non trascurare tutte le possibili ricadute delle acquisizioni scientifiche fatte in questo ambito sulle applicazioni finalizzate al nostro pianeta. Infatti, il costante aumento della popolazione mondiale, associato alla riduzione delle superfici coltivabili e ai cambiamenti climatici, rendono ormai improrogabile il ricorso ad una agricoltura sostenibile e aperta alle innovazioni tecnologiche. La prospettiva di coltivare in moduli trasportabili high-tech, fuori suolo e “a chilometro zero”, apre scenari di produzione di alimenti freschi e salutari, virtualmente ovunque. Tra le possibili applicazioni, possiamo prospettare: la coltivazione in ambienti estremi come deserti, basi artiche e antartiche o ambienti disagiati come le basi militari, agricoltura alternativa in zone contaminate o inquinate, la produzione di frutta e verdura fresche in ambienti urbani, direttamente nei pressi di scuole, ospedali, case di riposo, supermercati, ecc.

Inoltre, le caratteristiche di estrema pulizia e contenimento rendono questi sistemi ideali per la coltivazione di piante “biofabbrica”, cioè piante utilizzate per la produzione di molecole naturali o ricombinanti di interesse farmaceutico. In questa prospettiva stiamo lavorando sulla coltivazione di zafferano pharma-grade (vale a dire di qualità e purezza farmacologiche) da utilizzare in un formulato per la terapia della degenerazione maculare legata all'età (Progetto IDROZAFF).

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